A volte basta davvero qualche ora a piedi per godere di bellissimi scorci naturali. E così abbiamo scelto di passare qualche ora tra le valli del Natisone, dove si trova un’ampia diversità paesaggistica e naturale, in un’area che è ancora poco frequentata anche dal turismo.
Sono assolutamente meritevoli di una escursione le cascate del torrente Kot, soprattutto alimentate da una bella e scrosciante pioggia. Le cascate sono facilmente raggiungibili (anche a piedi) poco oltre l’abitato di San Leonardo, lungo la strada che conduce al Santuario di Castelmonte.
Ed è questo torrente che ha scavato per centinaia d’anni una forra calcarea, modellandola e costruendosi il proprio percorso. Le acque sono abbondanti e chiare e scorrono in un verde scenario naturale, ricoperto da cuscini di muschio, felci, ciclamini e pungitopo maggiore (nella strana varietà del Ruscus hypoglossum).
Il mormorio delle acque, i tronchi caduti e trascinati dalla corrente, le cascatelle ci portano alla meraviglia di questa zona: la cascata maggiore, che cade da 12 metri di altezza in una pozza ai piedi una grande cavità illuminata dal sole. Il nome di questa grotta “Star Čedad” significa “Vecchia Cividale” perché una antica leggenda vuole questa come primitivo sito di Fondazione di Cividale, poi spinta verso la pianura dall’irruenza del corso d’acqua.
Il luogo è anche sede di abituale riunione delle Krivapète, sorta di streghe che rifiutano la compagnia dell’uomo e che conoscono i segreti delle erbe e delle bacche (streghe che ci ricordano un po’ lis Aganis di altre zone del FVG).
Abbandoniamo il percorso lungo il torrente e riprendiamo la strada principale che ci porta verso il Santuario di Castelmonte; noi ci fermiamo prima (zona Trivio), interessati dalla storia che si è svolta tra questi monti. Spesso infatti passeggiando tra le bellezze naturali della regione ci scordiamo di quanto crudele possa essere stato il passato di questi luoghi.
È proprio il caso dei boschi del monte Spig, una bassa vetta (661 mslm) che si alza tra la valle del fiume Judrio (fino al 1918 confine tra il Regno d’Italia e il cacanico dominio austro-ungarico) e quella del fiume Natisone, collegandosi al Santuario di Castelmonte.
Addentrandoci tra i boschi è possibile ancora osservare le trincee che corrono lungo la dorsale, costruite durante la prima guerra mondiale, ben conservate e rivolte verso il nemico austriaco. Sotto di noi la valle dello Judrio (oggi Slovenia), da cui all’epoca partivano i cannoneggiamenti nemici.
È proprio questo uno dei luoghi in cui si verificò la battaglia di Cividale: truppe di giovanissimi italiani il 27 ottobre 1917 (erano passati due giorni dalla sconfitta di Caporetto), rimasti privi di ordini dall’alto, pattugliarono e mantennero queste zone consentendo la ritirata delle truppe italiane.
Gli italiani furono letteralmente presi alle spalle dai tedeschi che, discendendo lungo la valle del Natisone, avendo ormai rotto a monte, colsero di sorpresa e catturarono i battaglioni che presidiavano la zona e che prestavano attenzione più ai movimenti lungo lo Judrio sotto di loro ignorando invece che il nemico si muoveva ormai alle loro spalle.
La disfatta fu totale e gravissima, tanto da portare oggi lo storico Paolo Gaspari a definire questa battaglia “Le Termopili d’Italia”, in tributo alla forza e al coraggio dimostrato dai giovanissimi soldati.
La strada per la pianura era ormai aperta: chi non consegnò le armi sul Monte Spig fu costretto a farlo poco dopo a Castelmonte.
Erik S.